Quando ti ho parlato delle relazioni di coppia viste dagli occhi di una Tarologa ti ho accennato al fatto che le relazioni disfunzionali spesso nascono come tentativi di risolvere problemi. Un meccanismo molto diffuso è quello di cercare un partner al quale delegare un compito che in realtà dovremmo prima fare con noi stessi.
L’unione con il maschile, con il sesso opposto, è innanzitutto un processo interiore, energetico, simbolico ed individuale, poi, diviene un processo relazionale. È una sorta di matrimonio simbolico che viene ben rappresentato nei villaggi del Kerala, uno stato dell’India meridionale sulla costa occidentale. Questa è stata la patria del Talikettukalyanam, una cerimonia pre-menarca che aveva l’intento di preparare la trasformazione simbolica di una ragazzina in donna unendo i simboli di maschile e femminile attraverso il rito, cosicché potesse arrivare al menarca già ‘iniziata’.
Ho deciso di parlarti proprio di questo rito in chiave costellativa perché mi dà modo di approfondire anche un altro aspetto molto importante, ovvero il senso simbolico del matrimonio, inteso come unione interiore e integrazione tra i poli opposti, maschile e femminile. Inoltre, i simboli in esso usati lo collegano ai rituali di ‘casa nostra’, avvalorando la teoria di Hellinger sull’inconscio collettivo e di Rubert Sheldrake sui campi morfogenetici.
Piccola precisazione: per questo materiale dobbiamo ringraziare Bruce Lincoln, antropologo americano che, con le sue ricerche, mi sta permettendo di scoprire tantissime cose.

Tali-Kettu Kalyanam cos’è
Cominciamo con il dire che il Tali è il simbolo del matrimonio dell’India meridionale e nel rito viene annodato intorno al collo delle fanciulle dopo un susseguirsi di gesti sacri, dolci ma potenti. Per mantenerne la dolcezza ho deciso che chiameremo ‘Fiore’ la fanciulla in questione, ok?
Il nome Tali-Kettu Kalyanam è indù e significa ‘matrimonio in cui si annoda il tali’. È un rituale di iniziazione per le ragazze di casta Tiyyar (incisori di Palme) che fisiologicamente si stanno avvicinando all’età del menarca, il primo mestruo. È un rito di cui purtroppo non c’è più traccia dagli anni ’30 e che, in base ai vari testi che ho letto, sembra aver avuto diverse varianti nei vari villaggi.
Fiore dopo il rito veniva ufficialmente riconosciuta come ‘Amma’, cioè donna matura, dall’intero villaggio.
Questo rito veniva considerato molto importante per questo passaggio e se la ragazza vi arrivava già mestruata pare che venisse esclusa dalla propria casta per due motivi:
- il primo era inerente alla verginità (te lo spiego più avanti nel dettaglio),
- il secondo era evitare che divenisse adulta nel corpo restando piccola nell’animo e non riconosciuta come donna a livello sociale.
Il fulcro del rito che permetteva il riconoscimento sociale era l’annodamento del Tali; da qui in poi ‘Fiore’ diveniva donna e veniva iniziata a nuovi ruoli sociali, come il matrimonio, la procreazione di tanti figli a cui passare le tradizioni matrilineari, la cucina e i raccolti agricoli. Il Tali era simbolo di tutte queste mansioni.
Come si festeggiava il pre menarca?
La cerimonia durava quattro giorni e iniziava con Fiore che entrava nella stanza più intime della casa materna. In quella stanza solitamente entravano in isolamento le ragazze durante le mestruazioni, (guarda caso!) come le donne che si riunivano in tenda rossa nell’antico Medio Oriente. Fiore restava lì e osservava lo stesso comportamento alimentare e sociale delle ragazze mestruanti. Viveva a tutti gli effetti un menarca simbolico.
Il quarto giorno veniva eretto un padiglione sacro all’interno della stanza dove si sarebbe svolto il resto del rito mentre Fiore andava a purificarsi lavandosi nelle acque in prossimità della casa, solitamente si trattava di stagni. A questo punto, il fratello o chi per esso, conficcava una freccia nella terra con la punta verso il cielo con il fine di tenere lontani gli spiriti maligni mentre Fiore tagliava a metà una noce di cocco per poi rientrare nella stanza sacra accompagnata da un corteo in festa.
Lì veniva lavata nuovamente e vestita come una lavandaia, una casta inferiore a quella dei Tiyyar ma che svolgeva il ruolo sacro di purificatore. Grazie a quel bagno Fiore si purificava dalle contaminazioni di nascita, morte e mestruo.
Mentre si vestiva le veniva lanciato del riso, un gesto che mi ricorda tanto i nostri matrimoni, vero?
Intanto la zia materna, o chi per essa, metteva un’asse di legno nel padiglione sacro. Proveniva da un Albero sacro chiamato Albero del Latte e sarebbe stato il sedile di Fiore durante il rito.
Una volta vestita, veniva riportata nel padiglione dove offriva a sua volta del riso al fuoco, ai 4 punti cardinali, alla terra e al cielo. A questo punto le davano un vaso di argilla con all’interno degli oggetti avvolti in foglie e con un’altra foglia tappavano il buco del vaso. Questo buco veniva poi perforato dalle dita di Fiore stessa e l’oggetto che estraeva veniva considerato interconnesso al suo destino.
Poi le donavano nuovi vestiti e le ungevano le mani con il latte di cocco.
Dopo tutta questa parte preliminare, il Tali veniva appeso a un filo di seta e poi messo al collo di Fiore in un’ora propizia calcolata dall’astrologo del villaggio.
Cos’è il Tali?
Il Tali è un monile a forma di foglia di fico ed è fatto d’oro. Il fico è un albero sacro sia per gli indù che per i buddisti perché è la manifestazione di Vishnu, la forza creatrice maschile.
Il Tali veniva annodato dalla moglie del fratello del padre di Fiore, oppure dalla sorella del padre, oppure dalla barbiera. Dopodiché quest’ultima le sciacquava le mani con acqua e Fiore doveva guardare uno stoppino acceso di cotone inserito nella noce di cocco per capire se riusciva a vedervi un sole.
A questo punto usciva da casa in processione verso l’albero di cocco per innaffiarne le radici e poi rientrare in casa. Così si concludeva la cerimonia.

Simbologia del Tali-Kettu Kalyanam
Abbiamo visto molte connessioni con altre usanze di origine geograficamente lontane: il pestello simile alla Baba Jaga russa, la stanza del mestruo simile alla tenda rossa, la divinazione che in Perù facevano con le foglie di coca mentre in questo caso con un vaso di argilla. Usando il vaso e i suoi contenuti per prevedere il numero di figli, il vaso e l’utero simbolicamente diventano la stessa cosa così come il calice con il sangue di Cristo usato dai preti nelle liturgie cattoliche.
Se pensiamo che la foglia che tappava il buco del vaso fosse un imene possiamo pensare all’autoerotismo. È Fiore che inizia sé stessa alla sessualità, o meglio, riconosce simbolicamente la propria sessualità e ne acquista il potere. Non ha bisogno del maschile fisico per questo primo passaggio, è un rito necessario a renderla integra.
L’unione tra tutti gli opposti visti in questo rito sono un matrimonio simbolico atto ad unire tutte quelle parti che sembrano mancare: il riso che viene lanciato a Fiore e che poi lei stessa lancia rappresenta il seme maschile, così come la freccia fallica piantata dal fratello e il pestello della Baba Jaga.
È un matrimonio simbolico, i sessi non sono mai separati, è la perfezione della totalità. La maturità viene data dall’unione tra maschile e femminile. Dopo il rito Fiore è intera.
Il Tali, simbolo di questa unione, viene portato a vita e tolto solo in caso di vedovanza.

Anche il cocco è un simbolo maschile per via della forma sferica e l’albero del cocco è un albero cosmico poiché legato al Sole. Nutrirne le radici significa contribuire al benessere della propria casta e del villaggio.
Scoprire questi rituali ormai divenuti desueti mi fa pensare a quanto abbiamo perso nel tempo ma, fortunatamente, possiamo ancora recuperare attraverso simboli e gestualità che il nostro inconscio sa riconoscere ancora molto bene. D’altronde siamo legati al passato molto più di quanto siamo portati a credere razionalmente e il nostro equilibrio energetico è intimamente connesso ai nostri antenati. Hai mai provato a lavorare i tuoi blocchi energetici da un punto di vista metagenenalogico? Scrivimi e sarò felice di aiutarti a farlo!