Ho sempre avuto un grande amore per i tarocchi, tanto da maneggiarli fin da bambina. L’unione ufficiale con questo strumento potente è avvenuta nel 2015 grazie a una mia amica sarda (si sa, son tutte un po’ magiche le donne di quella terra!)
Poco dopo mi ritrovai un mazzo in mano e, sistemando la casa, trovai mobili pieni di tarocchi vari.
Ai tempi non sapevo nemmeno io se la tarologia e la cartomanzia fossero un lavoro vero, ma ci fu un evento che mi fece vedere le cose da una nuova prospettiva. Parlai di questa mia passione con pochissime persone, una di queste venne lasciata dal partner dell’epoca e ci sentimmo per circa due settimane consecutive dove ogni volta mi aggiornava sugli sviluppi della sua situazione con l’ex e vedevamo nelle carte come si sarebbero evolute le cose. Ogni giorno mi confermava ciò che le mie carte dicevano, così decisi di studiare seriamente lo strumento per poi metterlo a servizio di un bene maggiore.
Nel corso di quegli anni, ho visto spesso dei fili invisibili che connettevano tutte quelle persone: ho capito che siamo sempre connessi all’inconscio collettivo e alcune dinamiche ne sono una prova.
Molto spesso le donne mi chiamavano per vedere l’aria che tirava nel rapporto di coppia e ho lavorato così per anni. Tra non molto vedrai che i miei servizi tarologici prenderanno una nuova forma, ma intanto voglio approfittare di questo articolo per darti la mia visione su alcune dinamiche sociali relazionali diffuse.
Non sono una psicologa, né una sociologa, voglio solo mettere a servizio di tutti ciò che umilmente mi è stato dato senza che le storie individuali vengano diffuse. Prendimi come se fossi una Carrie Bradshow con un mazzo di carte in mano 😊

Ti amo dopo una settimana
Questa dinamica è molto diffusa, tanto e pure troppo secondo me. Un meccanismo del genere potrebbe raccontarci di una forma di immaturità relazionale, oppure di idee confuse o molto altro. Un formatore che seguo invita a fare attenzione a esternazioni di questo genere fatte da persone più o meno sconosciute perché secondo lui denotano un’incapacità nel gestire le emozioni.
Avendo visto gli sviluppi di queste tipologie di esternazioni nella vita di molte donne, posso solo dire che secondo me questo formatore ha ragione.
Cosa possiamo provare per una persona che conosciamo da così poco tempo? Attrazione fisica, entusiasmo, simpatia, forse passione, ma amore… ne siamo certi?
Tutto ciò che ho appena elencato, gli adulti dovrebbero saperlo gestire, altrimenti c’è qualche disarmonia di fondo. Diciamocelo: ma se una persona non è in grado di gestire queste emozioni di inizio rapporto, come può gestire emozioni più dense come la rabbia?
Certo, esistono eccezioni che confermano la regola, ma ancora non le ho viste con i miei occhi. Anzi, le donne che hanno sperimentato queste relazioni hanno provato delle giostre emotive destabilizzanti. A tutte loro ho suggerito di chiedere aiuto alle figure professionali adatte.
Queste donne non sono né stupide né sciocche, ognuna è mossa da un background soggettivo e non voglio in alcun modo farti credere che io mi senta in diritto di giudicare.
Ho notato spesso che il bisogno di credere al ‘ti amo’ dello sconosciuto viaggia di pari passo con il bisogno di sentirsi speciali e di essere l’eccezione che conferma la regola, o almeno cercare di dimostrarlo.
Di fronte a queste dinamiche si aprirebbero spunti di riflessione infiniti, mi limito a riassumere tutto con una domanda: siamo sicuri che sia questo il modo più funzionale per auto affermarsi? O per sentirsi amate e riconosciute?
Frequentarsi da un mese e credere di essere fidanzati
Ne siamo sicuri? Cioè, almeno avete parlato di esclusività? Anche se per farlo servirebbe averci una relazione.
Questo è un retaggio culturale che arriva fresco fresco dal patriarcato e perciò riguarda maggiormente noi donne. Dovremmo, infatti, sempre ricordarci che tra le informazioni ancestrali che conserviamo nel DNA e nel cervello rettile abbiamo anche quelle di appartenenza al maschio. Siamo state di loro proprietà per millenni e va bene che ora la società si sta evolvendo e che molte donne al solo leggere ‘siamo state di loro proprietà’ si sentono gli occhi sanguinare, ma l’ereditarietà va considerata.
Secondo me, anziché lottare con rabbia contro questi retaggi è più utile trasformarli con amore, semplicemente riconoscendoli per quello che sono ogni volta che si attivano.
Frequenti una persona da poco e senti che si attiva questo ‘meccanismo’? ok, osservalo, riconoscilo e contestualizzalo.
Quando non lo riconosciamo, esso ci agisce, cioè diventa una forza energetica che ci attraversa e agisce su di noi. In questi casi finisce che davvero ci sentiamo fidanzate (o proprietà) con degli sconosciuti.
Sempre secondo me, quando seguiamo questo movimento è come se dessimo le dimissioni al nostro capo perché abbiamo ricevuto una mail in cui un principe africano ci dice che forse abbiamo vinto un milione di euro. Non ti risuonano simili in termini di fregature?
Tanto per avere un’ulteriore conferma di questo mio pensiero, prima di scrivere questo articolo ho interpellato diversi miei amici maschi e nessuno di loro mi ha detto di sentirsi fidanzato dopo così poco tempo.

Dopo 2 mesi di frequentazione ormai siamo una coppia
Personalmente non chiamerei ‘amico’ o ‘amica’ una persona che conosco da così poco tempo, non vedo perché dovrei chiamarla partner.
La società in cui viviamo è molto classificante: esistono i mariti e le mogli, i fidanzati, i conviventi, gli amanti, i frequentanti e i conoscenti. Sono strutture rigide che spesso inibiscono le fluidità di un rapporto.
Quello che ho notato è che questo bisogno di ‘coppia’ cela altro: irrisolti personali, solitudini, bisogni non soddisfatti e poca cultura sulla ricerca di aiuto professionale.
Io credo che prima di dirsi ‘coppia’ bisognerebbe conoscersi. I rapporti sani ed equilibrati che ho visto nascere intorno a me non si sono presentati al mondo e agli amici come coppia fino almeno al triplo del tempo in questione.
Ho avuto diversi rapporti lunghi mesi dove ci vedevamo, stavamo bene e ci vivevamo senza bisogno di mettere un’etichetta. Forse l’etichetta è più un modo di mostrarsi all’esterno che all’interno, non trovi?
Odiare la sua ex
“La sua ex è una stronza!” Questo è un cliché molto comune e io sono abituata a smontarlo con tre semplici domande:
- La conosci personalmente?
- Ti ha detto o fatto qualcosa direttamente?
- Come fai a sapere tutte queste cose su di lei?
La maggior parte delle volte, la risposta alle prime due domande è no, mentre l’ultima vede un solo responsabile, l’uomo di turno.
Ho notato un filo conduttore quasi uguale per tutte queste dinamiche, cambiano solo poche sfumature: c’è una coppia che ha interrotto la relazione per una serie di svariati motivi individuali, l’uomo della coppia ‘non è a posto con la ex’ ma non riesce a sostenere la sua battaglia da solo, quindi, spesso inizia un nuovo rapporto con un’altra donna alla quale parla tantissimo della ex tanto da creare quasi un teatrino, o forse un ring, così da “passare il timone” della battaglia a qualcun altro.
Detta così, l’uomo di turno potrebbe sembrare un gran burattinaio e la seconda donna una malcapitata. No, non è così. Nessuno obbliga nessuno a fare niente: lui lancia un dado e qualcun’altra inizia a giocare.
Questo movimento di competizione tra donne mi racconta di disarmonie e sradicamenti nell’energia femminile. A queste donne che giocano in seconda battuta io chiederei:
- Com’è il rapporto con tua mamma?
- E il rapporto che hai tu con la tua ciclicità?
- E con il mestruo?
- Riesci a lasciare andare e trasformare ciò che non serve più?
- Che rapporto hai con le tue emozioni?
Tutto ciò che ho sopracitato è interconnesso alla nostra energia femminile. Quando si entra in competizione con altre donne alla base c’è un corto circuito energetico in questo aspetto, spesso quando viene riprogrammato si perde interesse a gareggiare con altre donne.

‘Sono sfortunata in amore, magari con il prossimo andrà meglio’
Se avessi avuto un euro per ogni volta che ho sentito questa frase a quest’ora sarei la proprietaria delle intere Isole Tremiti.
No tesoro, non funziona così! Se una cosa accade una sola volta, pazienza, può succedere.
A me, ad esempio, è accaduto di uscire a cena con un uomo non in grado di stare in un ristorante. Non c’è da farsene un cruccio se è un unico evento, il problema è la ripetitività di un accadimento.
Se avessi una collezione di uomini che non è in grado di stare civilmente a tavola dovrei pormi delle domande, una su tutte: mi rende felice l’idea di stare con un rozzo del genere? La risposta deve essere il più sincera possibile. Se è no e la ripetitività non cessa allora è sinonimo di disarmonia ed è il caso di lavorarci concretamente, altrimenti quello dopo sarà uguale a quello di prima.
Relazione come sinonimo di guarigione
Questo è un tarlo sociale dannosissimo. La relazione viene vista come soluzione a problemi che hanno altre origini. Ho visto davvero troppe persone cercare partners per i motivi più disparati, tranne che per averci una relazione vera e propria.
Arriviamo da secoli in cui la relazione era l’unico modo per essere socialmente accettati e tutt’oggi non è ancora vista per ciò che effettivamente è.
Siamo molto complicati in quanto umani e nelle relazioni ci troviamo tanto del nostro albero genealogico. Hai mai provato a studiarlo un attimo e vedere se ha similitudini con il tuo vissuto relazionale? Scrivimi e ti aiuterò a conoscerti un meglio 😉
Disclaimer
Io sono un’operatrice olistica e mi occupo di spiritualità, energia e anima. Il mio lavoro si concentra esclusivamente su questi tre aspetti dell’essere umano.
Nessun servizio o percorso di cui parlo in questo sito sostituisce in alcun modo il lavoro medico sanitario o psicoterapeutico.