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Se mi segui da un po’ ricorderai già il mio articolo sul significato profondo del rito (lo trovi qui), ma è un argomento vasto che io amo profondamente e per questo ho deciso di approfondirlo ancora un po’. Oggi ti darò un po’ di informazioni storiche che ti aiuteranno a comprendere ancora meglio cos’è un rituale (e perché non assomiglia per nulla alle magie da film fantasy!). 

Nell’era del web si vedono rituali, atti psicomagici e cerimonie come se piovessero, alcuni realistici, altri palesemente surreali, così ho deciso di condividere con te un po’ di punti fermi. 

Il fai da te senza una guida esperta o un mentore di riferimento è spesso inutile, soprattutto perché non è un gioco da tavolo ma un modo per comunicare con l’inconscio, quindi è una faccenda seria e lo sanno bene i nostri avi!

Cos’è un rito?

riti antichi popolari

Quando parliamo di rituali ci stiamo riferendo ad un codice alfabetico con il quale parlare all’inconscio: essi, infatti, introiettano immagini, parole e racconti con il fine di raggiungere un obiettivo. Possiamo suddividere il rito in due categorie: individuale e collettivo. 

Il primo è dedicato al singolo, serve ad un individuo per introiettare un’immagine potenziante e un nuovo racconto, mentre il secondo è rivolto alla società e deve essere il collettivo a riconoscerlo, altrimenti non ha senso. Tra questi troviamo battesimi, matrimoni, comunioni, feste di paese, funerali etc. 

So che alcuni rituali hanno un impatto scenografico molto intrigante, alcuni sono davvero pazzeschi, ma prima di farli dobbiamo conoscere bene le origini sia del rito che della teatralità.

Riti antichi popolari: risata e pianto rituale

Il rito collettivo cammina di pari passo con la società e con la sua concezione dell’esistenza. Qualche tempo fa, nel sud Italia e nelle isole, venivano assunte delle figure femminili che andavano presso le case in lutto con il fine di creare un pretesto per far ridere i parenti durante il difficile periodo che andava dalla veglia alla sepoltura. Magari una scarpa allacciata male oppure uno starnuto mal riuscito poteva diventare una scusa per scatenare una risata collettiva che attivasse una sorta di catarsi terapeutica.

La morte è sempre stato un evento forte e ogni cultura ha cercato un racconto e un modo per semplificarla. Il paradosso della risata era una forma di dissacrazione della paura. Sciolta l’umana paura dell’ignoto, questa forma di rituale aiutava l’elaborazione dell’evento perché molto spesso una sonora risata finiva in un pianto liberatorio che creava una catarsi guaritrice.

Parliamo di tempi antichi, ora sarebbe impensabile fare una cosa del genere, verrebbe interpretata come una grande mancanza di rispetto perché la società è cambiata. 

Queste figure erano chiamate ‘buffone’ ed erano il contraltare delle ‘lamentatrici’ coloro che venivano pagate per accompagnare la cerimonia funebre con il sacro lamento che diveniva un mantra rituale. Un’usanza simile l’abbiamo conservata con il cattolicesimo e i rosari funebri, quando il dolore del lutto diviene una catena di sostegno. Se ci pensi, solitamente ci si siede intorno al defunto creando proprio un cerchio. Se vuoi approfondire queste figure ti consiglio di leggere questo libro: Donne sciamane scritto da Morena Luciani Russo.

anasyrma rito

Anasyrma: il rito della sacra vulva

Il mistero della vita risiede nella vulva e nei genitali femminili. È da lì che inizia tutto!
Così questo passaggio ha sempre affascinato le civiltà: si diceva che una vulva avesse il potere di fermare il nubifragio e, addirittura, il diavolo. 

Il mistero della vita era così grande, sacro e spaventoso da aver trasformato la vulva in qualcosa di estremamente ‘’wow’’, non solo con accezione sensuale. Si diceva che se una donna stava a prua di una nave con la vulva ai quattro venti, sarebbe stata in grado di garantire bel tempo fino a destinazione.

Questo rituale si chiama Anasyrma e ne abbiamo testimonianza anche nella mitologia con Baubo, la dea oscena, che riuscì a donare il sorriso a Demetra mostrandole l’organo genitale. Demetra era depressa per il rapimento di sua figlia Persefone da parte di Ade e quel gesto così forte le provocò uno scossone interiore che le diede la forza di reagire e andare da Zeus e richiedere con determinazione la “restituzione” della figlia.

Oggi questo rituale è presente in alcune tribù remote, ad esempio in Camerun: se un uomo offende una donna, questa gli mostra la vulva per ricordargli cosa ha davvero offeso. Altre donne del villaggio accompagnano la donna offesa nel rituale e seguono l’uomo intonando canti e balli col fine di umiliarlo, finché lui non chiede scusa.

Come si costruisce un rituale personale

costruire un rituale personale

Quando pensiamo al rituale, inteso come strumento per introiettare immagini, dobbiamo ricordare che ogni rito è un mondo a sé stante perché tutto si basa su questi elementi: 

  1. te, la tua energia e il racconto che porti con te;
  2. il tuo albero, sia quello reale che quello disegnato;
  3. il tuo obiettivo da raggiungere;
  4. la tipologia di linguaggio che il tuo inconscio usa per comunicare.

Quando studio un rituale mi è necessario sapere da dove parto (punto 1 e 2) e dove voglio arrivare (punto 3) mentre il punto 4 mi serve per strutturare il rito. È necessario che sia qualcosa di semplice: più è semplice e più il risultato è tangibile. Anche quando il rito prevede dei passaggi un po’ più articolati che lo rendono quasi “teatrale” deve mantenere la sua semplicità.

Per far sì che si compia il punto 3, dobbiamo conoscere bene il tuo albero: il disegno, o schema, è un ottimo strumento conoscitivo. Da qui vediamo il linguaggio del tuo gruppo di appartenenza, gli elementi presenti e mancanti e le strutture su cui si regge.

Strumenti per la costruzione di un rito

Per scoprire gli strumenti migliori per costruire il tuo personale rituale dobbiamo partire da te: cosa ti piace fare?
Cucinare, ballare, camminare, dipingere, cucire, saltare, esplorare, suonare, cantare… sono tutti linguaggi della tua unicità.

Sei una persona che sogna tanto? Oppure sei predisposta ad avere percezioni fisiche? Ecco, questi sono altri strumenti utilissimi per la costruzione del rito.

Il sogno parla all’inconscio come una costellazione familiare

Il sogno, ad esempio, è un medium dell’inconscio, ovvero il contenitore di un messaggio. Molto spesso i sogni sono già costellazioni familiari che sciolgono e attivano cose. Ti faccio un esempio:

Pochi giorni dopo la morte di sua nonna, la mia amica Marianna fece un sogno pazzesco: lei e la nonna erano vicine ad una scala e lei si ostinava a voler aiutare l’anziana a salirla. A quel punto apparve il nonno, venuto a mancare anni prima, che, guardando Marianna con amorevole disappunto, le disse: ‘’questo è compito mio, lo faccio io, stai al tuo posto’’. 

Lei si è svegliata stranita e confusa, come spesso accade durante le costellazioni.
Quel sogno ha ripristinato la gerarchia: il nonno le ha detto ‘’io sono grande e tu sei piccola, questo è il mio posto, tu stai al tuo, rispetta l’ordine’’.

Conosco bene Marianna e posso dirti che è una persona che tende ad accollarsi le responsabilità di tutti. Facendola ragionare su questo sogno le si sono attivate profonde riflessioni e ha rivisto il suo modo di rapportarsi al destino altrui.

rituali sogno e inconscio

Rito e albero genealogico

L’albero è una nostra parte energetica, è qualcosa che ci vive dentro. Quindi, un lavoro svolto sul nostro albero è un lavoro fatto su di noi, non un ‘favore’ al collettivo. È un raccoglitore di memorie e dati energetici vissuti dai nostri avi ma che si manifestano nella nostra vita come metafore.

Quando abbiamo una disarmonia associata a uno di questi eventi e il rito ha come obiettivo il riequilibrio, potremmo andare a creare qualcosa che può contenere anche elementi apparentemente opposti e, quindi, lavorare tematiche differenti.

Ti faccio un esempio raccontandoti questo mio aneddoto personale.

Per anni ho avuto le visite spaventose di Pan, il panico. Quando lui arrivava era come se la terra si aprisse sotto ai miei piedi e io dovessi correre lontanissima per salvarmi dal mondo che crollava. Ovviamente non era reale, ma lo sembrava a tal punto da terrorizzarmi. ”Casualmente” scoprii che i miei antenati sopravvissero miracolosamente ai terremoti più brutali di Puglia e Molise, addirittura uno di questi ebbe l’epicentro a Jelsi, il paese dei miei trisavoli e fece danni ingenti.

Una volta recepita questa informazione Pan divenne sempre più lieve fino a scomparire. L’immagine che vedevo quando lui arrivava non era mia, ma il racconto del mio albero. La terra era vista come un luogo non sicuro e un lavoro di riequilibrio energetico mi aiutò a ripristinare l’informazione e armonizzare le immagini, così da raggiungere uno stato di maggiore radicamento.

Se vuoi sapere un’altra cosa curiosa a riguardo ti dico che tempo dopo decisi di recuperare un po’ di terra dal Molise per un rituale e a mandarmela fu un biscottificio che porta il cognome della mia quadrisavola. Una busta di terra spedita con una scatola di dolciumi mi sembra un chiaro segnale di ‘memorie addolcite’, non credi?

E tu, sei pronta a riequilibrare le memorie del tuo albero?

Disclaimer
Io sono un’operatrice olistica e mi occupo di spiritualità, energia e anima. Il mio lavoro si concentra esclusivamente su questi tre aspetti dell’essere umano.
Nessun servizio o percorso di cui parlo in questo sito sostituisce in alcun modo il lavoro medico sanitario o psicoterapeutico.

Sabina

Nella vita traduco Simboli e Metafore in parole semplici.

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