Oggi stiamo per addentrarci in un luogo un po’ ombroso ma, tranquilla, portiamo con noi la torcia delle buone intenzioni e della chiarezza. L’obiettivo di questo viaggio è alleggerire quel carico che di solito pesa sulle spalle della discendenza (sia maschile che femminile) e dare spazio a nuove immagini.
Se segui il mio blog da un po’ e sei iscritta alla mia newsletter già hai compreso a cosa mi riferisco, altrimenti non ti preoccupare, nella prima parte di questo articolo ti racconto un po’ di concetti base.
Ma prima iscriviti ad Anahata per non perderti le mie prossime newsletter (sono sempre ricchissime di contenuti!)
L’analisi dell’Albero Genealogico: un viaggio nell’eredità emotiva di famiglia
Quando parliamo di alberi genealogici dobbiamo ricordare il secondo livello di coscienza definito da Hellinger e i campi morfogenetici studiati da Rupert Sheldrake. Questi ci ricordano che ogni informazione ed esperienza vissuta da chi ci ha preceduto viene registrata in un grande database di memorie (tracce energetiche di questi vissuti) che, nel secondo livello di coscienza, formano delle ragnatele invisibili nelle quali a volte inciampiamo o, per dirla in modo tecnico, ci irretiamo.
Ricordiamo che l’inconscio parla attraverso i simboli, per questo di ogni evento realmente accaduto esso fa un racconto simbolico dove le forme e i colori possono cambiare rispetto a quella che è stata la realtà.
Quando parliamo di avi non dobbiamo mai dimenticare di tenere a mente dei punti chiave:
- Sono epoche lontane nel tempo e i diretti interessati sono venuti a mancare da anni e anni.
- I luoghi, la società e la cultura erano molto diversi da quelli che sono oggi.
- Gli strumenti di supporto e analisi psico-emotivi a disposizione delle persone erano molto limitati.
- Ognuno ha il suo destino e ogni destino è sacro.
- Ogni cosa che appare forte, cruda e dolorosa ha il potenziale di trasformarsi in una forza poiché quello con cui abbiamo a che fare non è l’evento reale ma solo l’immagine vibrazionale della memoria e questa può essere trasformata.
Per spiegare al meglio quello che sto per dire useremo il mio albero genealogico (non lo farò per mero protagonismo ma per non infrangere la privacy di nessuno).

Una rabbia difficile da gestire: un’eredità che veniva da lontano
Qualche mese fa mia nonna ha lasciato il suo corpo. Era ultracentenaria, madre di (credo) otto figli e nonna di non so quanti nipoti. Di lei conosco bene l’albero genealogico, le antiche origini Potentine, Abruzzesi, Molisane e la sua nascita sui monti Dauni. So anche l’orario in cui è venuta al mondo e questo mi ha permesso di conoscerla un pochino.
Nei dettagli del suo cielo natale c’erano delle informazioni che non riuscivo a contestualizzare. Ed è perfettamente normale perché finché non abbiamo un dato certo resta tutta un’ipotesi.
Dopo la sua morte sono emerse parti della sua vita che mi hanno permesso di avere molta consapevolezza di alcune mie tematiche presenti e passate. Innanzitutto, ho saputo del suo passaggio quattro mesi dopo che fosse accaduto e in quei quattro mesi ho avuto a che fare con un’emozione a me molto nota: una rabbia cieca che in alcuni momenti mi era complesso gestire.
Avevo anche pensato di iscrivermi a un corso di pugilato per scaricarla ma non ce ne è stato bisogno perché il suo trapasso ha portato a galla una verità a me sconosciuta: mio nonno era un uomo violento e la picchiava ripetutamente, costringendola a vivere in un clima di terrore.
La rabbia che io sentivo era la memoria del despota (in questo caso mio nonno, che si era riattivata).
Io lavoro quotidianamente su di me così, in quei mesi ho sviscerato quella rabbia osservando come portasse con sé un senso di impotenza, incapacità di espressione e bisogno di essere accolta, canalizzata e accettata.
Quando ho saputo del suo trapasso e di quello che per me era un segreto (la sua vita matrimoniale) quella rabbia si è dissolta come una bolla di sapone.
Disclaimer:
Io sono un’operatrice olistica e pertanto in questo articolo ho preso in considerazione solo gli aspetti energetici, animici e spirituali di situazioni accadute in un passato molto lontano dai nostri giorni. Questo non implica in alcun modo un’approvazione o una normalizzazione di situazioni che, per la loro complessità, richiedono oggi un adeguato sostegno psicologico, medico e legale.
Maschile e femminile nell’albero genealogico: ognuno ha il suo destino e ogni destino è sacro
Prima di soffermarci sulla figura di mio nonno, guardiamo la sinastria (combinazione) dei cieli di nascita di lui e della nonna.
Mia nonna aveva Chirone e Luna congiunti in Ariete e quadrati a Plutone congiunto a Mercurio in Cancro.
Questo quadro corrisponde a una donna che ha amato uomini che le hanno frantumato il cuore in mille pezzi, e mio nonno sembra calzare bene in questo racconto.
La Luna (connessa ai concetti di madre, linea femminile ed emozioni) congiunta a Chirone (ferita e guarigione) ci parla di una profondissima ferita emotiva da sanare, probabilmente legata alla madre (che morì quando aveva solo 13 anni).
Mio nonno “poggiava” il suo Saturno (che in questo caso rappresenta il despota) sulla congiunzione Luna-Chirone e in qualche modo sembra che in quella ferita lui ci affondasse una spada.
Nonna aveva il Nodo Sud (porta d’ingresso in questo mondo, bagaglio con cui si nasce e, quindi, qualcosa di conosciuto) in Toro mentre mio nonno su questa sua porta “poggiava” Marte (il guerriero) che nel segno del Toro ci parla di dittatura. Il Nodo Sud, inoltre, ci parla di karma, quindi un incontro/esperienza in qualche modo inevitabile.
Era parte del loro destino. Sono morti tutti e due. Da quell’unione sono comunque nati otto figli che hanno portato la vita in avanti per altre due generazioni.
Per arrivare a questo punto mi è stato necessario comprendere l’albero genealogico di mio nonno, così da poter armonizzare quella parte di storia e trarne comunque dei punti di forza. Uno su tutti: la mia vita arriva anche da lì e questo è un punto sacro. Lavorare su alcune immagini che destini di questo tipo creano chiede un passaggio evolutivo che ci porta al sentire dentro al cuore una frase chiave profondissima “ognuno ha il suo destino e ogni destino è sacro”.

Difficoltà a ricostruire l’albero genealogico: un sistema di protezione e irretimento
Teniamo in conto che nonno nacque nel 1910 nel cuore della Capitanata (territorio che corrisponde orientativamente all’antica Daunia e all’attuale provincia di Foggia). Non ho idea di quanti fratelli avesse e tutto ciò che riguarda la sua vita sembra avvolto in una nebbia fitta insondabile.
Ho perfino contattato un genealogista per apprendere qualcosa in più sulle sue radici ma studiarne l’intero albero è stato molto complesso: avi nati in luoghi che ora han cambiato nome, dati mancanti e confusioni varie.
Questo accade presumibilmente per almeno due motivi:
- io (o l’albero, o tutti e due) non siamo pronti a processare determinate emozioni,
- magari c’è qualche non detto rimasto segreto che non è ancora tempo di vedere.
Il padre di mio nonno si chiamava Savino e la madre Maria Michele. Qui possiamo già notare la similitudine di nomi tra Sabina (io) e Savino (lui). Aveva 38 anni quando sposò la mia bisnonna che ne aveva 19. Quando seppi di questa differenza di età pensai “strano che un uomo di quei tempi, a quell’età fosse ancora celibe”. Ricordo bene la sera in cui il genealogista mi diede informazioni su di loro. Sentii un enorme peso sul petto che mi spaventò moltissimo. Credetti di impazzire e mi pentii di aver fatto quella ricerca. Quello che stavo provando era un senso di protezione, quella che il sistema ha nei confronti dei suoi segreti. La frase che sentivo rigirarmi in testa era “non dovevo aprire questa porta”.
Quando la mancanza di supporto per elaborare un lutto origina i segreti di famiglia
Quando arrivò il messaggio del genealogista emerse un segreto: Adelaide, la prima moglie di Savino, era morta un anno prima del matrimonio con la mia bisnonna. Adelaide aveva 63 anni e Savino 27 ai tempi delle nozze.
Così mi sono chiesta: Savino aveva elaborato il lutto? Come è stato per la mia bisnonna “venire dopo” un matrimonio precedente con una donna così tanto più grande?
Savino era terzo di cinque figli, tre dei quali morirono giovanissimi. Aveva gli strumenti per elaborare anche questo lutto?
I genitori di Savino erano Leonardo e Margarita. Leonardo era stato sposato prima con Angela Maria, dalla quale ebbe una figlia che morì a pochi mesi. Qualche anno dopo rimase vedovo.
Aveva elaborato il lutto? E Margarita come viveva l’idea di quel primo matrimonio del marito? Ebbero una figlia che chiamarono Angela Maria che morì all’età di due anni. Ho la sensazione che quel lutto abbia riattivato il non elaborato del precedente.
Come vedi, c’è una ripetizione generazionale di eventi. A quei tempi non esistevano le costellazioni familiari, ma in questi casi sarebbe utile farne una per ristabilire la gerarchia tra chi viene prima e viene dopo, ridare a ognuno il proprio posto, fare pace con il destino e fluire in avanti.
I nomi rivelano nodi presenti nell’albero genealogico
Leonardo era figlio di Luigi Maria e Maria Luigia. Sembra quasi un gioco di parole ma non lo è.
Qui potrebbero essersi cristallizzate due dinamiche:
- Questa ripetizione di nomi quasi uguali mi dà l’idea di “dover stare tra di noi”, “dentro”, “in casa”. Poco “del mondo” è ammesso. Non a caso io ho sofferto di agorafobia per anni.
- La ripetizione di nomi legati a eventi dolorosi potrebbe aver favorito gli irretimenti con i discendenti chiamati così e potrebbe averne appesantito il carico.
Il nome ha una vita propria, non è colpa di nessuno. Saperlo dà pace.
Mia madre scelse il mio sull’Aventino, a Roma, non sapendo niente dell’albero genealogico di mio padre. Lo scelse per via di Santa Sabina e della bellezza di quel panorama. Non poteva sapere di questo accumulo di “Savino” né di Sabino, un avo del ramo paterno vissuto nel 1700.

L’archetipo maschile nell’albero genealogico
Luigi Maria era a sua volta figlio di Leonardo e Barbara. Qui si apre uno scenario interessante:
- Originariamente il cognome era Zincarelli D’Andria che tradotto sarebbe “Orfanelli di Andria”. Andria potrebbe essere la città di provenienza (o di recupero). Oltre a questo dato non ho più niente di certo.
- All’epoca, nel certificato di matrimonio andava indicato anche il domicilio del padre. In quello di Luigi Maria è riportato che non conosceva l’ultimo domicilio del padre perché costui era deceduto 20 anni prima. Dato non corretto poiché morì meno di 10 anni prima. Potrebbe essere un dettaglio, ma in realtà è un racconto: erano in contatto? Indipendentemente dalla realtà oggettiva, quella simbolica mi parla di sconnessione dal Padre (quindi da dio) che potrebbe essere vista come sconnessione dal sé. Come ci si sente quando si ha un accumulo di dolore addosso e si crede di esser soli?
Ritornando a Maria Michele, vediamo che porta un nome prettamente maschile, questo potrebbe raccontare di qualche disarmonia del femminile.
Lutti familiari non elaborati che hanno influenzato la vita di tanti discendenti
Guarda quei tempi e guardaci oggi, la vedi che bella l’evoluzione?
Ti immagini la loro gioia nel sapere che noi possiamo scegliere? Ha senso protrarre i loro dolori per fedeltà? O forse è meglio scegliere di riprogrammare questa parte?
Maria Michele era figlia di Giuseppe e Maria Vincenza. Questi persero due figli piccoli e a quei tempi, senza gli strumenti e il supporto psicologico per affrontare il lutto, la sopravvivenza dettava un solo modo di procedere: far finta che non fosse accaduto, così quei lutti diventavano segreti, non detti ed esclusi.
Il padre di Giuseppe era Gaetano Gennaro Vincenzo e la madre Maria Nicola. Lui ebbe in tutto cinque mogli, restando vedovo quattro volte.
Le morti risultano essere di cause naturali. Possiamo immaginare come si sia sentito quest’uomo? E il racconto del maschile che ne potrebbe aver fatto l’albero?
Qui si è creata senz’altro una confusione molto potente che, però, porta con sé anche uno spiraglio di evoluzione: le famiglie allargate.
L’importanza di approfondire il proprio passato familiare
Questo ramo di albero arriva dall’Irpinia, antica terra di briganti e luoghi magici.
Se ne parlo sento la durezza della terra da lavorare e dopo un bel lavoro su me stessa so che quella forza, resilienza, coraggio e amore sono anche a mia disposizione.
Quanto amore per la vita ci vuole per andare avanti nonostante tutto? E quanta forza per stare in piedi?
Mio nonno portava su di sé anche il peso di questo carico così forte che, anche se in minima parte, è giunto fino alla discendenza. Ora lo osservo senza giudizio e lascio a lui e a tutti gli altri avi i loro destini.
Se senti che è arrivato anche per te il momento di prendere consapevolezza di alcuni dinamiche ed emozioni e fare pace con loro, ristabilendo l’armonia, scrivimi!
Disclaimer
Io sono un’operatrice olistica e mi occupo di spiritualità, energia e anima. Il mio lavoro si concentra esclusivamente su questi tre aspetti dell’essere umano.
Nessun servizio o percorso di cui parlo in questo sito sostituisce in alcun modo il lavoro medico sanitario o psicoterapeutico.