A tutti è capitato di sentirsi vittima o carnefici di qualcosa. Si tratta di un argomento spinoso e complicato perché umanamente è semplice empatizzare con il candore emanato dalla vittima e schierarsi contro il carnefice perché è ‘brutto e cattivo’ come il lupo di cappuccetto rosso. Ma non è in questi schieramenti che si trovano risoluzioni a tali dinamiche.
Il terzo livello di coscienza scoperto da Hellinger è il livello da cui guardare questi movimenti: se li osserviamo dalla ‘casa dello spirito’ possiamo introiettare informazioni di guarigione energetica potenti perché da lì vediamo tutto il quadro generale di ciò che accade.
Nessuno di noi qui su questa terra può affermare con certezza assoluta verità invisibili, possiamo tentare delle ipotesi opinabilissime. Io, ad esempio, sono certa che questo piano di esistenza sia come un teatro dove ognuno interpreta il proprio ruolo seguendo un disegno più grande e sconosciuto alla mente umana.
Ti ricordo che noi esseri umani, al contrario degli animali, viviamo sul piano reale, immaginario e simbolico contemporaneamente senza una netta capacità di distinzione, te lo dico perché anche una dinamica come quella di vittima e carnefice ha tanto di simbolico, ora te lo spiego.

Vittima e carnefice: il gioco interiore
Anni fa lessi il libro ‘Guarire coi perché’ di Robin Norwood, è stato uno di quei libri guaritori che non scorderò mai. C’è un passaggio che ricordo quasi nitidamente dove Robin dice che i grandi attori e i grandi registi, prima di interpretare o dirigere ruoli e film legati ai grandi carnefici dell’umanità (ad esempio, Hitler), dovettero far pace con il loro carnefice interiore.
Io sono d’accordo con questa visione. Ciò che ci colpisce fuori è un racconto di qualcosa che avviene dentro.
Non esiste solo Hitler come ‘male del mondo’ ma basti pensare a cosa potremmo immaginare di fare a chi ci ruba un parcheggio mentre siamo di fretta, a chi ci taglia la strada mentre andiamo un po’ più veloci, oppure alla tizia in treno che urla al telefono.
Il carnefice è una parte di noi che vive in ombra, poco accettata perché riconnette alla paura.
Saper riconoscere queste parti ci aiuta ad assumercene la responsabilità così da divenire sempre più integri, consapevoli e radicati.
Sempre nello stesso libro c’era un passaggio che diceva più o meno così ‘dentro di noi vivono sia Madre Teresa di Calcutta che Hitler, sta a noi scegliere chi essere’. Riconoscendoli tutti e due, secondo me, siamo già sulla buona strada.

Vittima e carnefice: la dinamica simbolica
Leggere questo libro mi ha portato a fare ricerche per mesi: ne sentivo il bisogno per potermi radicare e liberare da fardelli non miei. Man mano che leggevo e interpretavo i dati legati alla mia genealogia (ricorda che le date di nascita e morte e i nomi sono per l’inconscio come password: aprono e smuovono file pieni di informazioni) capivo il motivo di tanti miei vissuti.
Guardando l’albero genealogico di mio padre: ho materiale di 7 e 9 generazioni per quanto riguarda l’albero di mia nonna Amalia, mentre ne ho 6/7 per quel che riguardo l’albero di nonno Leonardo.
Quest’ultimo mi è sempre parso ostico, aulico e ombroso. Infatti, le ricerche sono state complicatissime: ci siamo mossi dalla provincia di Foggia a quelle di Avellino e Potenza con i cognomi che cambiavano di generazione in generazione. Quando è così complesso è perché il secondo livello di coscienza cerca di proteggere i suoi segreti.
Il dato che ha liberato me da alcune ripetizioni è il seguente: in quell’albero ci sono almeno otto uomini rimasti vedovi. Uno di loro è rimasto vedovo per cinque volte e la terza moglie si chiamava Maria Savina.
Il mio sistema familiare ha codificato questo susseguirsi di ripetizioni così: gli uomini uccidono. Questa traccia energetica molto potente ha fatto sì che io attivassi schemi di vittima-carnefice con il maschile poiché profondamente convinta di avere a che fare con potenziali assassini.
L’antenato rimasto cinque volte vedovo è stato interpretato come un Barbablù genealogico.
Barbablù per Clarissa P. Estés era un mago mancato, un gigante con un debole per le donne. Era alla ricerca della sposa perfetta e quando la prescelta mostrava segni di imperfezione lui la uccideva per poi tumularla in cantina e, poi, proibiva alla moglie successiva di recarsi in quel luogo.
Nel caso dei miei avi, tutte le mogli sono morte per cause naturali ma il modo che l’albero ha di raccontarsi gli eventi, come vedi, cambia tutto.
Quando la vittima diventa carnefice
Non tratterò in questa sede casi reali come quelli di cui ti ho parlato qui. Capiscimi, questa è una tematica troppo delicato e merita molto rispetto.
Hellinger diceva che ‘la vittima non vuole aiuti, ma solo un complice con cui giocare’ e sono d’accordo con lui. (Naturalmente qui si parla di quell’atteggiamento vittimistico assunto da alcune persone, non di vittima vera e propria che subisce un sopruso a cui non può oggettivamente sottrarsi)
Ti sei accorta che quando cerchiamo di aiutare chi fa della lamentela e della sfiga un ‘way to live’ finiamo sommersi dai loro problemi oppure ci ritroviamo trasformati nelle loro vittime?
Questo spesso accade quando nell’albero genealogico c’è una dinamica di questo genere non in equilibrio. Vuoi riequilibrarla? Scrivimi!