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Eccoci qui, all’ultimo articolo di quest’anno. Poco prima di Natale, se ci pensi, l’atmosfera che si respira è fiabesca: le luci, gli alberi, gli omini di zenzero e quei simpatici pupazzi che si vedono appesi sui balconi.

Così ho deciso di portarti con me in questo mondo magico, ma in un modo nuovo. Non ti racconterò una fiaba per poi svelarti la costellazione familiare che racchiude, ma ti farò vedere come le fiabe ci vivono dentro, anche quando non ce ne accorgiamo.

Cappuccetto rosso e il cacciatore

Tanto tempo fa facevo la pendolare tra Milano città e il paesino dove vivevo. Un giorno accanto a me c’era un gruppo di persone che parlavano in modo animato del malessere psicologico che stava vivendo un bambino, nipote di una delle signore presenti. Ad un certo punto uno di loro disse una frase potente ‘’Inutile che mi guardi così, se chiamassi gli assistenti sociali e lo facessi portar via sarei il cacciatore di cappuccetto rosso, mica il lupo, non sono io il cattivo nella vicenda’. Ora, io non so nulla di quel bambino e non sono una psicologa, ma quella frase mi fece effetto al punto da ricordarmela ancora oggi.

Ricordiamo tutti la fiaba di Cappuccetto Rosso ma il suo significato costellativo è forte, tanto che preferisco raccontartelo nel modo più dolce possibile. C’è la bambina che va dalla mamma a prendere il cestino da portare alla nonna. La madre la manda dalla nonna e le fa attraversare il bosco da sola. Nel frattempo, il lupo si è mangiato la nonna e cerca di ingannare e mangiare anche Cappuccetto Rosso, poi arriva il cacciatore e uccide il lupo salvando nonna e bambina.

La fiaba racconta un evento forte, crudo e anche tragico che si ripete nelle varie generazioni: la bambina discendente che va dalla madre antenata e a sua volta viene mandata dalla nonna che rappresenta tutte le ave con un determinato destino, il bosco è l’inconscio e il cacciatore è il pioniere genealogico che uccide il lupo-mostro-inganno, spezza la catena e libera tutti.

simbologia lupo e cacciatore nell'albero genealogico

Adesso, da costellatore familiare, se avessi quell’uomo in un incontro individuale, gli chiederei: Quale catena vorresti spezzare? Cosa continua a ripeterti? Cosa ti suscita il lupo?

Il lupo è un animale lunare connesso al sacro femminino: si narra che l’istinto animalesco di un lupo sia identico alle sensazioni che provano le donne durante il mestruo e il travaglio. Però, come in Masha e Orso, questo animale viene raccontato al maschile. Chi si è nascosto dietro al simbolo del lupo in quell’albero? 

Da quel che mi era parso di capire, quell’uomo era il marito di un’amica della nonna di quel bambino. Qui mi sorgerebbero altre domande: perché questo fervore nei confronti di quel bambino? Attenzione a questa domanda: i bambini vanno sempre tutelati e sono totalmente a favore degli interventi di organi competenti, qui sto parlando di una questione simbolica e archetipica. Nell’albero genealogico di quell’uomo, chi rappresenta quel bambino? Ci sono stati bambini morti piccoli? Qualcuno non ‘è stato salvato’? da cosa?

Io intanto ringrazio questi sconosciuti che, a distanza di anni, mi permettono di spiegarti come le fiabe e le costellazioni familiari siano dentro anche alle piccole cose quotidiane. 

La più bella del reame spiegata da Ameya Gabriella Canovi

Se mi segui sui social o se sei iscritta alla mia newsletter, sai che amo spassionatamente la lettura e da questa estate leggo a ripetizione il libro ‘di troppo amore’ di Ameya Gabriella Canovi. È un libro molto sacro che tratta di dipendenza affettiva e c’è un capitolo dove spiega alcune dinamiche usando proprio gli archetipi delle fiabe. Mentre leggevo quel capitolo, non potevo non pensare a Donatella, una ragazza che frequentavo in amicizia nei primi mesi della mia vita a Londra. La dottoressa Canovi ha parlato de ‘la più bella del reame’ e a me è sembrato di vedere la faccia di Donatella in ogni lettera di quel capitolo.

La più bella del reame spiegata da Ameya Gabriella Canovi

Cerco di riassumere qui sotto quanto scritto nel libro e, poi, ne vediamo insieme il contesto costellativo.

‘La più bella del reame è la “classica” ragazza viziata che non può non competere, non riesce a riposare mai e la sua ferita è molto profonda anche se dall’esterno non sembra. Può seguire questo copione per due ragioni o è stata cresciuta nell’illusione di essere la migliore del mondo o lo avrebbe tanto voluto.
Non può permettersi un fallimento, è convinta di poter dimostrare al mondo quanto vale. Non si dà il permesso di sbagliare perché ormai è assuefatta al successo o magari perché vuole riscattarsi da una condizione che non ha mai accettato.
È tutto suo, anche il passato del partner. Prova una forma di gelosia che potremmo definire retroattiva, diretta non solo verso le altre donne che attualmente gravitano intorno al suo compagno ma anche verso le sue ex. Questo perché in cuor suo teme che l’amato (“amato” si fa per dire in quanto qui di amore non possiamo parlare) troverà senz’altro qualcuno migliore di lei.
Ha bisogno di incessanti rassicurazioni che, però, non bastano mai. A dispetto del suo nome, non si sente come la più bella del reame ma più come la sorellastra di Cenerentola che va su tutte le furie se non è invitata al ballo. 

Donatella la conobbi in un ostello dove soggiornai in attesa di trovare una casa. Non riusciva a socializzare con le ragazze che erano in ostello, non comprendeva le regole sociali dei gruppi e puntualmente ne veniva esclusa

Questa esclusione le suscitava rabbia, umiliazione e molto altro. Ne usciva con una sconfitta celata da giudizi taglienti nei confronti di ogni donna. Essendo ‘la più bella del reame’ non riusciva a comprendere di essere competitiva fino al midollo e che i gruppi di amici sono composti da esseri umani dotati di cervello rettile, quindi, di istinti animaleschi e che le regole sociali di un gruppo non sono poi così diverse da quelle animali. Se conosci i gatti, sai quanta fatica fanno quelli dominanti ad inserirsi in un nuovo branco.

La più bella del reame e la competizione femminile

Questo suo mood intrinseco alla ‘io sono meglio di te’, in termini costellativi, è incompleto: la frase completa è ‘io sono meglio di te, cara mamma’. Quindi qui c’è un ordine gerarchico infranto. Quel sentirsi ‘meglio di’ vuol dire sentirsi più grandi. Ma come possiamo essere più grandi di chi ci ha dato la vita? Ad esempio, io sono del ‘90, mia madre del ‘63, abbiamo e sempre avremo 27 anni di differenza. Come potremmo mai essere più grandi di chi ci ha generato?

La più bella del reame e la competizione femminile

Sempre da un punto di vista costellativo, quando accade questa infrazione degli ordini, la prima cosa che guarderei è la storia di questa madre: ne studierei gli eventi inevitabili, il destino e quello che la vita le ha posto davanti. Non per giudicarla, questo mai, ma per comprenderla e trovare una chiave di lettura che porti armonia.

Potrebbe essere che ci sia una mancanza di forza nel femminile e qui studierei gli eventi del ramo femminile della famiglia. Quali di questi è stato escluso? L’esclusione, infatti, può riguardare non solo le persone ma anche un evento.

Donatella non sopportava nessuna presenza femminile intorno a lei, anche il rapporto con me è durato poco, e qui farei una serie di domande:

  • Andiamo oltre il rapporto tra Donatella e sua mamma e chiediamoci la mamma e la nonna com’erano messe?
  • La nonna e la bisnonna?
  • In che contesti hanno vissuto?
  • La nonna paterna? 
  • C’è stata una madre che ha imposto una scelta dolorosa nella vita di una figlia? Ad esempio, matrimoni forzati o vita monacale?

Una volta, parlandomi di sua madre, mi disse che non ne sopportava nemmeno la voce. Guarda caso, ogni donna di cui rifiutava l’amicizia aveva ‘una voce stridula e da oca agonizzante.’

Mi raccontò poco di sé, ma fu una conoscenza disfunzionale ne conservo un ricordo che mi aiuta a non ricascare più in certe trappole. La vidi in relazione con il maschile. Si era invaghita del responsabile dei receptionist che lavorava lì con la moglie. Posso dirti che il motivo dell’invaghimento fu proprio la moglie, poteva mai farsi sfuggire l’occasione di competere con qualcuna?

Fece di tutto per tentare di conquistarlo e, ripensandoci oggi, quell’uomo era tentennante. Una donna come Donatella è facile che arrivi a uomini in deficit di forze maschili. 

La vidi assumere atteggiamenti di sfida nei confronti della moglie e della vita stessa: ”io sono talmente infallibile che sfido destino, sorte e qualsiasi cosa”. Mettendo in campo queste energie la vita rispondeva allo stesso livello: nell’arco di qualche settimana le rubarono il portafoglio con tutti i documenti e le carte di credito, perse una valigia, litigò selvaggiamente con una donna delle pulizie in ostello e il direttore decise di non accettare più prenotazioni da lei, così fu costretta a lasciare l’ostello e da lì non la vidi più.

Non so se credi nel karma, io sì e posso dirti che la famosa ‘ruota che gira’ in una città supersonica come Londra sembra andare persino più veloce.

Di questo aspetto distruttivo ne cercherei la matrice genealogica. Esiste il luogo comune che vede noi donne solo come coloro che danno la vita, ma siamo anche coloro che distruggono con amore ciò che non serve più. Nel caso di Donatella andrei a vedere cosa c’è nel lato opposto di ciò che lei manifesta: se manifesta distruzione andrei a vedere il concetto di creazione nell’albero e cercherei di capire se ci sono stati aborti.

Non tutti i progetti vedono la luce e questo vale anche per le gravidanze. Queste ultime hanno un lato energetico che va preso in considerazione. Contando anche le generazioni precedenti, e i modi in cui alcune venivano interrotte, dietro a questa distruttività, da un punto di vista genealogico, potrebbe esserci un corto circuito con la creatività. Sono supposizioni, ma ho voluto dare a Donatella la possibilità di essere un sacro strumento di guarigione spiegandoti cosa può averla mossa in un determinato modo.

donna in competizione con le donne, la madre e la vita

Parole che creano la realtà: l‘incantesimo del padre

Il corto circuito di cui ti ho appena parlato si può avere nei confronti del femminile così come del maschile.

Amelia, infatti, è venuta da me perché era divenuto opprimente per lei vivere in un “mondo circostante” sempre demotivante e giudicante nei confronti dei suoi uomini. Così come era diventato amaro avere a che fare sempre con uomini non in grado di portare il rapporto a un livello superiore. Allora abbiamo deciso di partire dal disegno dell’albero, dai racconti del maschile contenuti in esso, dalle tipologie di donne e uomini che lo hanno vissuto.

Ci è voluto poco per arrivare al rapporto con il padre con il quale non aveva mai vissuto e che aveva visto per circa 4 volte nell’arco di un ventennio. In una di queste lei era adolescente e lui le disse: ”attenta agli uomini, sono tutti uguali e vogliono solo scopare”.

L’intenzione era buona: in quella frase c’è un padre che si preoccupa, ma un insieme di fattori han fatto sì che si creasse un racconto diverso. Per Amelia quella frase si è manifestata proprio come un incantesimo:

  • per ogni uomo che le si avvicinava c’era sempre qualcuno della sua cerchia sociale che le diceva ‘vuole solo scopare’
  • molte delle sue relazioni erano composte da uomini che sapevano fare solo quello

Se ci riflettiamo e osserviamo la frase come se fosse stata una freccia che parte da un punto per arrivare in un altro, vediamo come questa abbia creato una scia, un movimento che nella realtà si è manifestato in un certo modo. Non ti ricorda gli incantesimi delle fiabe che ci raccontavano da bambini?

Incantesimo deriva dal latino ‘incantare’, cioè cantare formule magiche. Lì dove per magia intendiamo parole o gesti che hanno un senso simbolico preciso per l’inconscio e un impatto nel quotidiano.

Per impostare la ricerca ho valutato utile muoverci seguendo queste domande nate dalla lettura del suo albero:

  • come sono visti gli uomini?
  • ‘sono tutti uguali’, ma uguali a chi?
  • com’è visto il sesso?
  • che forza ha il maschile?
  • uomini e donne sono nel loro potere?
  • esistono dei ‘Barbablù’ o delle Sacerdotesse?

Gli uomini che ‘vogliono solo scopare’ spesso vengono raccontati in modo viscido, ma cosa può creare questa sensazione? Nell’attivazione dell’incantesimo c’è stata anche la fedeltà di Amelia nei confronti del padre.

Quella frase che incanta è rimasta attiva per un periodo di tempo. E’ accaduto perché questo ‘incantesimo’ è stato funzionale a qualcosa. Ha portato dei benefici secondari, tra cui:

  • ha protetto Amelia da alcune ripetizioni presenti nell’albero legate a storie di coppia dolorose
  • secondo lei ‘se un uomo sc0pa e basta, di fatto si lega meno’; quindi, c’è una sorta di protezione e chiusura dal dolore e dall’abbandono che una relazione più profonda potrebbe dare
  • era funzionale per restare connessa al padre, figura mancante e sempre ricorsa. L’aspetto psicologico di questo punto non è di mia competenza, io guardo solo l’energia delle cose, il senso simbolico e l’archetipo.

Spezzare l’incantesimo era necessario per liberare sia Amelia che il padre da un vecchio racconto.
Tutto ciò che è stato fatto per amore, nell’amore si scioglie’ ed è questo amore che lei doveva vedere.
Poi, abbiamo cercato Barbablù, cioè: esiste un maschile visto come pericoloso e viscido nell’albero di Amelia con il quale, inconsciamente, c’è stato una forma di ‘tilt’ energetico?
Nelle ricerche è emersa la trisavola che veniva abusata da piccola. Una volta emerso questo racconto abbiamo lavorato per riequilibrare le energie maschili e femminili presenti nell’albero.

Ora Amelia mi dice di sentirsi più serena e guarda il padre con rispetto, tenerezza e comprensione.

Ricorda, siamo tutti strumenti a servizio di qualcosa di più grande.

E con queste parole mi fermo e ti auguro di cuore Buon Natale!

Sabina

Nella vita traduco Simboli e Metafore in parole semplici.

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